Vorrei condividere con voi, compagni, insegnanti, amici della scuola di musica, un pensiero sull'orchestra della nostra scuola.
E' il terzo anno che ho l'onore di suonare in compagnia dei miei "compagni di musica", come mi piace definirli, e devo dire che per me è stata una rivoluzione poter suonare in gruppo.
Prima di iniziare dal m° Alberto Cavoli prendevo lezioni private, e la mia massima apertura all'interazione consisteva nei pezzi eseguiti a 4mani con la mia insegnante. Quando per
scelta (di mia mamma) ho dovuto entrare nella scuola, ero abbastanza preoccupata...
Che io ricordi, ero un pezzo di legno (non che ora sia la scioltezza in persona, neh?), ma ricordo perfettamente il mio primo pezzo con Laura (di Vivaldi) in cui dovevo accompagnarla al saggio. Ero agitatissima, perché lei era "grande", e io a 15 anni mi sentivo un po' una principiante... Tuttavia accadde che, provando col violino, mi sono sforzata per la prima volta di dialogare con un altro strumento. Alla fine ero innamorata del p o pp quando prevalevano le parti melodiche dello strumento ad arco e l'appoggio per sostenere l'intonazione, con piccole punte del pianoforte quando il violino si ritirava, per prendere un attimo respiro. Ricordo il legame che bisognava avere per attaccare insieme, per finire bene, per rendere il pezzo piacevole insomma.
Intanto ero "entrata" nell'orchestra, e ricordo che studiavo le parti appena il maestro me le dava, perché, avendo avuto alle spalle l'esperienza del teatro, sapevo benissimo come un ruolo eseguito male rovina il lavoro di tanti. Ero molto agitata, perché tanti pezzi erano già "collaudati", e io mi sentivo un po' estranea al tutto. Poi, non so come, ho iniziato a sentirmi a casa.
Ricordo che quando faceva caldo, si aspettava l'inizio delle prove sulla terrazza... Io avevo lezione due ore prima, perciò dopo la mia ora mi fermavo lì a studiare per la scuola, quella noiosa, che non vedo l'ora che finisca, quella obbligatoria, e vedevo arrivare tutti, uno per uno, chi si affacciava alla finestra per salutare, chi entrava senza farsi problemi nella stanzina, chi chiacchierava, chi ripassava la parte (sì, qualcuno sì!)...
Ricordo che dopo le prove aveva lezione Lorena, e noi continuavamo a fare un po' di rumore, chiacchierando e ridendo, mentre lei, concentrata, riusciva a suonare... Chissà come faceva!
Ricordo che col tempo sono arrivati dei "nuovi", e che alla fine sembrava ci fossero sempre stati.
Ricordo che era un continuo aiutarsi, e di norma erano i "grandi" ad aiutare i piccoli, ma adesso... Per i ragazzi tre anni sono tanti, e sono tutti diventati più grandi, più bravi anche, più seri (non troppo, vero Frappo? Perché le seggiole hanno i braccioli?...). Adesso, per lo spettacolo che metteremo in scena il 23 e il 24 maggio, tutti sono chiamati ad aiutare. Tutti hanno contribuito, a Eno. Tutti danno una mano. Non si sente mai nessuno che dice: "ma doveva farlo lui" o "non c'ho voglia", e ragazzi, lasciatevelo dire, questa è una cosa tanto rara quanto incoraggiante, ora come ora.
Per ma l'orchestra è stata l'occasione di ascoltare, innanzitutto; sentirmi parte di una famiglia più grande; percepire fisicamente che la musica non è solo un esercizio, ma anche un grandissimo piacere, soprattutto se condiviso.
Un grazie a tutti voi!