martedì 1 aprile 2008

Dolore come base dell'espressione artistica

Spiegazione di due ore a scuola:letteratura italiana. Tra i tanti testi letti, un estratto dal Discorso sull'indole del piacere e del dolore di P. Verri. Nella fattispecie, il secondo capitolo, in cui si distinguono i piaceri e dolori fisici e morali, seguendo il filone che sfocia nell'estetica sensista.

Nella "guida all'analisi" proposta dal nostro libro di testo trovo queste parole, che mi hanno assai colpita:

Nella classificazione dei dolori, poi, Verri ne individua di particolari, che chiama "innominati": "Sono questi dolori innominati, dolori non forti, non decisi ma che ci rendono addolorati senza darci un'idea locale di dolore, e formano vagamente cì, ma realmente il nostro mal d'essere, l'uneasiness", ovvero l'inquietudine, il tedio, la noia. E' da questi particolari dolori che nasce il piacere estetico: "La musica, la pittura, la poesia, tutte le belle arti hanno per base i dolori innominati; in guisa tale che, se io non erro, se gli uomini fossero perfettamente sani e allegri, non sarebbero nate mai le belle arti. Questi mali sono la sorgente di tutti i piaceri più delicati della vita. Esaminiamo infatti l'uomo nel momento in cui è veramente allegro, contento e vivace, e lo troveremo insensibile alla musica, alla pittura, alla poesia e ad ogni bella arte [...]. L'uomo vigoroso che ha la contentezza nel cuore, è nel punto più rimoto dalla sensibilità: questa s'accresce col sentimento della nostra debolezza, dei nostri bisogni, dei nostri timori. Un uomo che abbia della tristezza, s'egli avrà l'orecchio sensibile all'armonia, gusterà con delizia la melodia d'un bel concerto, s'intenerirà, si sentirà un dolce tumulto d'affetti, godrà un piacer fisico reale, cioè sarà rapidamente cessato in lui quel dolore innominato, da cui nasceva la tristezza, coll'essere l'animo assorto nella musica e sottratto dalle tristi e confuse sensazioni di dolori vagamente sentiti e non conosciuti". Insomma i dolori innominati inducono l'uomo a ricercare i piaceri più vaghi e raffinati dell'arte, della musica e della poesia, i soli capaci di lenirli. Le arti stesse nascono nella storia della cività, secondo il Verri, per lenire questi dolori. E nel tentativo di lenirli l'uomo affina la propria sensibilità, potenzia le proprie capacità percettive.

Non è sublimazione. Va oltre.
Mi è piaciuto molto questo commento, perché lo sento molto vicino alla mia sensibilità, appunto, e, per quanto poi sia da considerarsi inserito nel suo tempo, resta assolutamente vero.

Sarebbe scorretto asserire che un artista debba essere necessariamente e unilateralmente portato ad un dolore di fondo, dovuto vuoi all'acuta sensibilità (così che il dolore ne sarebbe la conseguenza) vuoi all'inclinazione naturale (così che il dolore sarebbe la causa connaturata). Infatti si sottolinea come tutti hanno dei momenti che presentano in modo più o meno spiccato del "dolori innominati", ma che chi ha una particolare sensibilità in un certo campo, come l'arte, nella fattispecie la musica, ma anche la poesia e la pittura, che in un certo senso altro non sono che formali differenziazioni di una sostanza universale e profondamente umana, allora questa persona coglierà in modo più marcato la bellezza che sta a fondamento dell'estetica lenitiva del disagio indefinibile.

Importante è dunque non negare di avere quel dolore, nè esaltarlo come se fosse la parte più importante di noi, ma riconoscerlo qualora si presenti, lasciandolo agire senza coccolarlo eccessivamente e godendo della possiblità che anche nel dolore ci viene offerta, di profonda comunione con noi stessi attraverso l'unione con gli altri, grazie alla massima manifestazione di quel Sublime tanto inavvicinabile per l'uomo.

Scusate la forma a tratti barocca, ma non mi risultava congeniale nessun'altra modalità espressiva.

2 commenti:

Master ha detto...

Credo fortemente, che la condizione della malattia fisica o morale sia un presupposto importante per la creazione artistica. E' fondamentale, per la crescita spirituale, la sperimentazione del dolore che può essere un'ottima strada per riconoscere le proprie sensibilità ed un importante allenamento al superamento dello stesso. In ogni caso l'emozione è componente fondamentale dell'uomo e va riconosciuta, vissuta e mai esasperata.

Elia ha detto...

Sono d'accordo,in fondo anche la sofferenza è "sintomo" di sensibilità,spesso di portata molto più intensa e duratura rispetto a un'emozione positiva e capace di lasciare segni più evidenti o profondi nelle persone.
Ora,non sostengo che solo la sofferenza crea e sostiene un percorso artistico,ma è il sentimento più forte e capace di "smuovere" l'arte insita in ognuno,rendendolo più emotivamente sensibile e in grado di cogliere (e poi esprimere) i segnali sensibili di ciò che è intorno e dentro ognuno e ogni cosa